Mostra bi-personale dicembre 2022
AURUM – Largo Gardone Riviera – Pescara
Φύσις è il confronto tra due straordinari protagonisti dell’arte italiana contemporanea, Silvio Formichetti e Antonio Pedretti che, esegeti in modo diverso di un unico cammino ermeneutico, propongono a Pescara una visione
rinnovata della possibilità di dire il qui ed ora della vita, della realtà, della storia.
Come curatore della mostra ho scelto questo titolo, pregno semanticamente e profondamente forte, che richiama, da un lato, la visione greca della realtà e del mondo, dall’altro si proietta verso una simbologia che vede al centro la
natura, per Pedretti, la realtà nella sua complessità per Formichetti.
La cifra artistica di Silvio Formichetti è legata alla pratica iconica del maestro peligno, con l’idea che l’opera d’arte davvero può viaggiare nel Cosmos, per organizzare, in una possibilità aniconica, il Kaos dell’oggi, con una estroiettazione psichica che fa leva sulle esplosioni cromatiche e sul segno, sempre e comunque operazione artistica di interpretazione.
Formichetti si muove sulla linea dell’En kai pan di filosofica memoria, ovvero la concezione che il Tutto sia presente nell’opera d’arte come uno, come apertura allalterità che fa dell’artista un medium a realibus ad realiora, una sorta di sciamano che intuisce sulla tela la piega degli attimi e dei frammenti.
L’azione artistica, che si manifesta sulla tela, diviene bellezza, capacità sinestetica di visione e sensazione ed il magma psichico erutta potentemente sulla tela e si fa pre-visione.
Il cammino artistico di Formichetti vive il tempo della bellezza, attraverso la capacità di frammentare gli attimi e i momenti che la vita sottopone allo sguardo dellentronauta, che attenziona emozioni innanzitutto con la consapevolezza che la vita non è mai quella che si vede e che l’artista cerca nell’altro conferma del suo sé, una sorta di estraniarsi per ritrovarsi, di perdersi per ricostruirsi, di incontrarsi per dirsi noi.
Ecco allora che l’artista, e questo accomuna Formichetti e Pedretti, vive il tempo dell’arte come necessità esegetica ed ermeneutica, come luogo della possibilità di vivere, attraverso le emozioni cromatiche, quel di più che solo
l’artista, il vero artista, sa dare alla comunità dei più, troppo superficiale per vivere questi attimi, poco attenta all’urlo che viene dal silenzio dell’anima, con la captazione del frammento che si fa ascolto, impressione sinestetica,
dove sembra emergere da un lato il suono di una natura che attraverso il vento parla a chi la sa ascoltare; dall’altro, invece, l’eco di una fissità immobile pervade ogni realizzazione artistica.
È la linea seguita da Pedretti, che produce, innanzitutto, una poetica del silenzio, dell’ascolto, dell’elisione del brutto, per un paesaggio che è, innanzitutto paesaggio dell’anima, come è stato opportunamente sottolineato.
L’artista Pedretti cerca sé stesso, cerca la pace nella pace della natura, vive, oserei dire, un sentimento di adesione panica, con un’anima inquieta che specchia la sua essenza in profondità: il passare delle stagioni, il cangiamento
dei colori, la voglia di appartenere alla natura, attraverso le emozioni cromatiche, fanno di questo percorso uno sguardo esegetico sul senso della vita che sempre si rinnova, mai uguale, pur nella consapevolezza che il
naufragio della coscienza avviene solo nel silenzio dell’anima, dove l’artista cerca quella quiete interiore, quella pace così tanto agognata, ma impedita dalla società cosiddetta postmoderna.
Panismo, direi, ma panenteismo, per il superamento della condanna dell’arte imitiativa di platonica memoria appunto Φύσις che indica originariamente la forza della natura e la divinità ordinatrice del Kosmos, azione che fa
dell’artista un novello ordinatore.
Pedretti si muove tra questi assunti, la creatio ex-nihilo dell’artista è imitazione preziosa di un altro processo creatore e creativo e l’anima della natura è l’anima stessa di chi la rappresenta.
Anche qui il gesto è fondamentale, azione artistica che si collega alla memoria per talune ricostruzioni paesaggistiche incastonate nell’anima, perse nei reconditi vicoli della memoria e che vengono fuori dalla coscienza e si trasformano in opera d’arte e bellezza.